Culture Care a Brescia

Prendersi cura con la cultura, con l’arte. Che ci sia un teatro impegnato nelle carceri, con i pazienti psichiatrici e con varie situazioni di disagio è notorio. Non sempre, abbiamo rilevato, i risultati artistici sono pari all’impegno sociale. Un piccolo festival, agli inizi, ha mostrato, invece, per quattro giorni spettacoli emozionanti, percorsi laboratoriali di forte intensità, riflessioni importanti su come l’arte possa intervenire in situazioni di disagio senza trasformarsi in “esercito della salvezza” (non è il suo compito), facendo della differenza una cifra importante per la creazione.

Si chiama “Culture Care” e si è svolto a Brescia, organizzato, manco a dirlo con pochi soldi in poco tempo, da Teatro19, un gruppo di donne scatenate nella creazione, nell’attenzione alla necessità dell’irrazionale nelle nostre vite così regolamentate, alle arti della cura. 

Macbellum, ph.Mauro Zani

Tutto inizia con un incontro su “Teatro e salute mentale: un viaggio tra cura e cultura”, con teatranti, uno psichiatra, operatori sociali, critici teatrali. Poi il primo spettacolo: Macbellum, il Macbetto di Testori appena rivisto, portato ancora di più nel sangue, nella merda, nel terrore di una grande, scatologica esplosione, che allude alle mille minacce che viviamo. Attori e attrici, guidati dalla regista e adattatrice Francesca Mainetti, che dà i ritmi narrando e suonando la fisarmonica, interpretano gli emarginati “scarrozzanti” dello scrittore di Novate Milanese vivendoli intensamente e allo stesso tempo distanziandoli ironicamente per indurre riflessione. Cori scandiscono l’azione. La strega partorita tra liquidi organici e la folle corsa di Macbetto verso un potere che diventa sete di dominio sul mondo con scene icastiche rendono quasi totalmente indistinguibili gli attori ‘sani’ e quelli ‘malati’, in un gran festa del teatro con Valeria Battaini (la strega), Gianpaolo Corti, Daniele Gatti (Un allucinato Macbetto), Giovanni Lunardini, Roberto Lunardini, Mariagiulia Manni,
Roberta Moneta (una perfetta Lady), Francesca Valenti, Giusy Zanini

Sagra del signore della nave, ph. Mauro Zani

Una festa teatrale, che si ripete il giorno dopo con un lavoro appena agli inizi, da La sagra del signore della nave di Pirandello, ancora cori e solisti, musiche, una lingua modellata, ancora con qualche incertezza, su quella mescidiata di Testori, senza dimenticare di far splendere quella complessa di Pirandello. Il sacro e il dionisiaco, l’uccisione del maiale e la celebrazione di un Cristo salvatore del mare, in un lavoro che affonda in radici popolari con semplicità di mezzi e finezza di contrasti intellettuali tra l’umano e l’animale, tra il potere e l’arte. Risuona particolarmente in spettatrici e spettatori che ricordano reali uccisioni del maiale, da queste parti, come una festa (paurosa) dell’infanzia. Ancora un viaggio negli archetipi, nel fondo oscuro tra sacro e brutale, tra rito e orgia, con la partecipazione speciale di Mussolini che alla prima dello spettacolo di Pirandello sembrò non apprezzare e, in seguito, tagliò i fondi al teatro dell’artista .

Quelli di Basaglia, ph. Simone Di Luca

Altri spettacoli: arriva l’Accademia della Follia di Trieste, erede delle esperienze basagliane e di Franco Rotelli, lo psichiatra che ne prese il posto dopo la scomparsa, con Quelli di Basaglia… a 180°, spettacolo didascalico che ripercorre le tappe della liberazione dal manicomio realizzata dal medico veneziano, con la regia di Antonella Carlucci, che cura anche la drammaturgia con Angela Pianca, e in scena Gabriele Palmano, Marzia Ritossa, Pavel Berdon, Carmela Bevilacqua, Giuseppe Feminiano, Paola Di Florio, Franco Cedolin, Giordano Vascotto. Una pièce interpretata con intensità, dall’elettrochoc ad Artaud a Rodez alle case appartamento dopo la chiusura del manicomio: ricorda fatti che si tendono troppo spesso a dimenticare o a tentare di cancellare. E ancora la storia della compagnia fondata da Cinzia Quintiliani e Claudio Misculin, grande attore e istrione, acrobata, scomparso qualche tempo fa, ripercorre il film Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza. Struggente, con le immagini dell’energia pura, dell’indignazione viscerale, dell’esibizione di ferite profonde di Misculin, fatte esplodere nella follia “come stato di grazia”, come provocazione teatrale.

Immagine dal film Noi siamo gli errori…

Ma non solo spettacoli: due laboratori, fisici e vocali, hanno mescolato le compagnie e rivelato i rispettivi metodi, alla ricerca dell’irrazionale e di quello che esso può darci liberandoci da maschere, prendendosi il tempo di esplorarlo e trasformarlo in visione artistica. 

Un ultimo spettacolo abbiamo visto, Memorie dal reparto 6, con Daniele Giuliani, bravissimo se pure con un braccio bloccato da un gesso, in una performance di narrazione con regia e drammaturgia di Horacio Czertok e Cora Herrendorf (Teatro Nucleo). Un medico dei matti scivola a poco a poco in quella che la società che lo circonda considera follia, e viene rinchiuso in manicomio: o soltanto lui guardava le cose in modo così diverso che la società ha voluto eliminarlo? Un lavoro con qualche punto troppo compiaciuto, ma di presa popolare.

Memorie dal reparto 6, ph. Marco Giuranna

Infine: una restituzione, da parte dell’Osservatorio critico guidato da Elena Scolari (ne facevo parte anch’io), delle annotazioni fatte da un gruppo di giovani e meno giovani, che rispondevano ad alcune domande sugli spettacoli, sui sentimenti provati guardandoli, sul tema dell’emersione dell’irrazionale. Un’esperienza importante, da continuare e ampliare. 

Per concludere, dal programma traggo una frase: “Alla base del lavoro di teatro19 con la salute mentale c’è un’urgenza di felicità”.

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